Nonostante Facebook, WhatsApp e i numerosi mezzi tecnologici con i quali siamo sempre più connessi con familiari e amici, la distanza fra noi e gli altri è indiscutibilmente aumentata.
L’empatia, che un tempo era sollecitata dalla vicinanza e dalla condivisione di momenti importanti, è oggi interpretata come un mero “mettersi nei panni dell’altro”, quando l’altro, però, non è più percepito per ciò che è, ma per quello che fa e, di frequente, per ciò che possiede.
Le fragilità e i limiti divengono spesso motivo di critiche feroci e manifestazioni di intolleranza, come se non fossimo più in grado di sentire nel profondo i sentimenti e le sofferenze degli altri.
Tornare a sperimentare una genuina empatia nei confronti di chi ci circonda non solo ci permette di consolidare rapporti autentici, ma anche di arricchire e completare la nostra individualità.
La parola empatia deriva da due termini greci, en (dentro) e pathos (sentimento), ma nonostante ciò viene spesso ricondotta a un banale ascolto dell’interlocutore, magari arricchito da vaghe offerte di aiuto. Ma empatia è ben altro: significa soprattutto disporsi alla relazione psichica con l’altro, percependo e comprendendo i suoi sentimenti più complessi, senza frapporre giudizi e critiche che possano interrompere e inquinare il flusso comunicativo.
In questo senso, l’empatia si configura come una potente strategia di comunicazione, che richiede la capacità di uscire dai propri schemi mentali e rinunciare agli interessi personali: tutta l’attenzione è focalizzata sull’altro, sui suoi sentimenti e bisogni, permettendoci di rinunciare al nostro innato egocentrismo e a stabilire una lunghezza d’onda psico-emotiva costruttiva per entrambi.
Per poter stabilire delle relazioni empatiche con l’altro è necessario aver sviluppato una buona intelligenza emotiva, intendendo con questo termine la capacità di dare un nome alle nostre emozioni e a riconoscerle nel nostro interlocutore. Essere agitati non significa necessariamente provare rabbia, magari siamo solo delusi o spaventati: saper assegnare il nome corretto alle nostre emozioni è il primo passo per poterle riconoscere anche negli altri.
Oltre all’intelligenza emotiva, per sviluppare il rapporto empatico è assolutamente necessario sospendere il giudizio, che è altra cosa dal rinunciare alle proprie idee e accettare incondizionatamente un comportamento o uno stato d’animo. Astenersi dalla valutazione dei sentimenti altrui significa solo che, durante la comunicazione, ci si sforza di comprendere il vissuto emozionale dell’altro e di accettarne l’intensità.
L’empatia è un’incredibile strumento di risonanza emozionale, che vi permette di comprendere l’altro fino in fondo, riuscendo a decodificare i suoi sentimenti più nascosti e tutto l’inespresso, che può essere molto più ricco di ciò viene svelato. Inoltre, permette di comprendere le ragioni più profonde, le motivazioni più oscure di un certo comportamento che, in assenza di comprensione empatica, rimarrebbe incomprensibile e difficilmente giustificabile.
Ma l’empatia non è solo strategia comunicativa, è anche uno strumento utile per conoscerci meglio: l’apertura senza riserve nei confronti della psiche dell’altro ci permette, infatti, di fare implicitamente i conti con noi stessi, con ciò che siamo realmente e quello che, forse, avremmo voluto essere. Ma, soprattutto, accettando l’universo emozionale dell’altro, torniamo ad essere accoglienti, sensibili, umili e altruisti. In una sola parola, umani.
Grazie a tutti!
Andrea