L’empatia è un qualcosa di fondamentale nel mondo olistico: se l’operatore non riesce ad entrare in sintonia con il ricevente, anche il trattamento tecnicamente più perfetto non ha effetto.
Essere empatici significa mettersi nei panni dell’altro, avvertire il suo dolore, percepire le emozioni e sapere cogliere dettagli che arrivano anche dalla comunicazione non verbale.
Un operatore olistico deve capire quando parlare e quando tacere. Penso ci sia poco di peggio che ricevere un trattamento mentre l’operatore parla a macchinetta e la persona vuole, invece, solo il silenzio.
“Sai andavo da uno, una volta, bravo eh, ma parlava tanto. Io volevo godermi il trattamento, ma si vede che lui aveva così bisogno di parlare, poverino…” Ecco frasi così un operatore non vorrebbe sentirle mai; perché magari si siamo soli ma dobbiamo essere in grado di capire che il nostro ricevente ha il diritto al silenzio e a non sentire le nostre grane.
Tanti clienti a volte parlano per non farci annoiare durante il nostro lavoro e si sentono quasi obbligati a chiacchierare per tenerci compagnia. Sta a noi far capire che possono perdersi nel loro silenzio per rilassarsi e staccare la spina, che tanto noi non ci annoiamo di certo.
Così come al contrario, non dobbiamo imporre il silenzio se chi si affida a noi ha la necessità di parlare; una situazione che diventa anche un modo per alleviare tensioni ed esprimere problemi, malesseri, tensioni che si alleviano già solo se la persona si sente libera di parlare.
A volte capiterà che ci sono frasi che cadono a metà, altre volte sentiremo una parte di un racconto che è iniziato altrove e che non è rivolto a noi.
Come operatori, oltre ad un obbligo di segreto professionale, ci viene chiesto di saper ascoltare parole che non sono rivolte a noi, che sanno più di sfogo o di scambio di pensieri con se stessi. Noi siamo lì, ascoltiamo, ma la nostra risposta non conta, perché la persona sta parlando, in realtà, con se stessa.
Diventa fondamentale intuire quando in fondo non ci viene chiesto per forza un commento…
Il costante studio di anatomia, fisiologia, biomeccanica, teoria energetica serve spesso per rispondere delle domande o per dare spunti di riflessione.
Spesso chi si rivolge ad un operatore olistico cerca una strada per uscire da una situazione di malessere fisico e/o emozionale. Capita, magari, che altri professionisti non siano riusciti a dare una chiave di lettura consapevole ed utile ad un problema e sta a noi far accendere una lampadina che porti ad un cambiamento.
Parlare una lingua più semplice, usare termini più facili, metter in campo chakra, yin e yang, 5 Elementi diventa per chi ci ascolta illuminante.
“Ecco perché!” “Ma allora è per quello che mi sento così!” “Dici che arriva tutto da li’?” Esclamazioni come queste ci fanno capire che siamo stati utili, che abbiamo mostrato a chi ci sta di fronte un perché al suo disagio e una possibile via d’uscita: perché il primo step è capire quale possa essere la causa.
E sta a noi intuire quale sia il linguaggio migliore da usare: ti parlo di muscoli, di sistema nervoso? O uso i chakra con i loro colori o ti mostro come rientri perfettamente in un concetto di Medicina Tradizionale Cinese?
Per questo studiamo tanta anche teoria, per saper parlare più “linguaggi”, ci aiuta a farci comprendere maggiormente e da lì diventa più facile intraprendere un percorso insieme. E l’empatia sta anche in questo, nel capire quale linguaggio può essere maggiormente condiviso dal nostro cliente.
L’empatia si impara? Io credo sia una dote innata, che può essere coltivata, migliorata, perfezionata, ma che deve già avere delle basi in noi. Insomma da zero non la si impara.
Quanto conta per voi l’empatia nel lavoro olistico?
Un abbraccio!
Elena