Sappiamo tutti bene o male ciò che causa la ritenzione idrica. E anche Irene, una mia cliente, lo sa bene. Dopo qualche mese che non ci vedevamo, Irene viene da me in studio in un caldo maggio che pare estate piena. Da un mese abbondante si ritrova alla sera con le caviglie gonfissime. Beve, cerca di far movimento, ha regolato il più possibile l’alimentazione e preso degli integratori per la ritenzione idrica, ma non è cambiato nulla.
Ha sempre sofferto di ritenzione idrica ma mai a questi livelli e, soprattutto, non ne riesce a capire l’origine perché dietro ad un peggioramento così netto non vi sono cambiamenti nello stile di vita.
Decidiamo di procedere con un mix di massaggio drenante e di riflessologia plantare: un trattamento mirato e personalizzato. A fine seduta le caviglie sono visivamente meno gonfie ma la sensazione di pesantezza degli arti inferiori non è così ridotta.
Non sono molto soddisfatta del risultato, ma più che altro neanche io riesco a trovare una causa al suo problema e, istintivamente, mi suona tutto strano.
Le dico di tenermi informata, spiegandole che a livello di riflessologia plantare, ho trovato come punto davvero “parlante” il punto riflesso del plesso solare, e che, quindi, magari, un qualcosa a livello emozionale c’è.
Il giorno dopo Irene mi chiama e mi chiede se possiamo vederci un attimo perché voleva un confronto su quanto provato dopo il trattamento.
In studio, mi racconta di aver pianto tutto il pomeriggio e la sera, di sentirsi tradita dal collega con cui ha condiviso progetti per anni e che negli ultimi mesi, inspiegabilmente è cambiato. Non rispetta più le scadenze, commette mille e più imprecisioni, hanno perso contatti ed occasioni perché si dimentica di rispondere a mail o risponde in modo troppo asettico e la gente fugge da una possibile collaborazione con loro.
In più le sta facendo aspettare da troppo tempo, una parte di soldi che le aspettano. E lei sta male non tanto per il discorso economico, perché si ritiene fortunata e brava da riuscir a vivere lo stesso, ma perché si sente presa in giro e non vede più una visione di intenti comune. Razionalmente sa che dopo mesi protratti cosi, difficilmente si potrà tornare indietro, ad un prima dove si parlava la stessa lingua e vi erano molte idee da sviluppare. Sa che l’unica soluzione è alzare i tacchi e andarsene, ma ciò vuol dire buttarsi su un altro tipo di lavoro, mentre a lei questo attuale dannatamente piace. In più adora la nuova sede che hanno affittato un anno circa fa, la sente casa e si sente male anche nel pensare a quell’abbandono, per quanto strano possa sembrare.
Per questo forse trattiene i liquidi, per non sbottare sbattendo una porta in malo modo, cosa che significherebbe non solo perdere il compenso economico che le aspetta, ma anche passare dalla parte del torto e non recuperare anni di idee, progetti suoi che ha permesso portassero la firma di entrambi. Seppur l’altro non ci aveva messo molto.
Il trattamento ha sbloccato un qualcosa e per questo piange: sono lacrime che sanno di frustrazione, impotenza, impossibilità di cambiare le cose. Lacrime che sanno che non c’è altra via da percorrere se non quella del cambiar lavoro, ma è una scelta che al momento Irene non si sente di fare. Sa che è inevitabile, ma aspetta ancora un miracolo…
La sua analisi è limpida, sincera, sento il suo essere combattuta e capisco il suo star male. Le dico che sì in una visione olistica, il trattenere può diventare causa di ritenzione idrica. Altro da dirle non ho, credo che già sappia tutto lei, ma i cambiamenti sono spesso difficili e dolorosi, seppur necessari.
Un in bocca al lupo ad Irene ed un abbraccio a voi,
Elena