Quando parliamo di un programma di lavoro in campo olistico, intendiamo un percorso studiato apposta per la persona che arriva da noi in studio e una strada verso il benessere che si percorre in due. Un lavora composto magari da più discipline cucite su misura sul cliente, dove però non si prospettano miracoli e, soprattutto ,dove l’operatore non diventa l’unico attore.
Il tutto inizia prima però. Prima che la persona arrivi da noi, perché il tutto nasce dalla capacità di chiedere aiuto.
Quando avvertiamo che qualcosa non va nella nostra vita, quando sentiamo una situazione di malessere, il primo step coraggioso diventa il chiedere aiuto.
Sembra banale,ma tanto hanno difficoltà ad ammettere che da soli non ce la fanno. Se è, magari, più semplice chiedere una mano in caso di cervicalgia o mal di schiena, diventa più complesso farlo quando il malessere si manifesta a livello mentale. Magari si è stanchi, magari ci si sente persi e non capiamo cosa vogliamo dalla nostra vita.O non riusciamo a riprenderci da un periodo no, da un lutto, dalla perdita del lavoro…
Chiedere aiuto in questi casi è, da una parte, riconoscere il problema, dall’altra diventa il primo passo per venirne fuori.
In un momento di confusione mentale e di malessere, oltre alla difficoltà del chiedere, nasce anche il problema sul chi rivolgersi.
Abbiamo tante figure che si interessano di benessere e dobbiamo capire quale sia la più adatta per noi.
In un mondo tecnologico, abbiamo gli elementi per informarci e capire quale sia il professionista più adatto, in base anche il tipo di approccio che vogliamo per noi.
Se non amo il contatto non sceglierò un operatore che fa del massaggio il suo punto di forza operativo. Se non apprezzo i Fiori di Bach, non andrò da un floriterapeuta, ad esempio.
Poi tanto farà l’empatia perché ci saranno persone validissime con cui non riusciremo ad esprimerci e altri alle prime armi con cui ci verrà spontaneo aprirci e parlare. Una questione di pelle, insomma, più che di numero di attestati.
L’ operatore è lì pronto a tendere la mano alla richiesta d’aiuto, ma diventa fondamentale la capacità di rimanere umili e di riconoscere i propri limiti. Se l’operatore si rende conto che la situazione va oltre alle proprie competenze, deve essere pronto ad indirizzare a professionisti più adatti e preparati. Così come in caso di un malessere fisico non si dovrebbe esitare a demandare al fisioterapista, in caso di un malessere mentale/emozionale dovremmo essere pronti a consigliare di sentire il proprio medico o uno psicologo se il problema ci appare molto più che uno squilibrio emozionale energetico momentaneo.
Il tutto va fatto con tatto ma con decisione, in modo che la persona si senta compresa e che non veda cadere invano la sua richiesta d’aiuto.
Sarebbe bello poter lavorare in rete, in collaborazione con più figure in modo da poter fornire alla persona un supporto a 360°. Qualcosa si sta muovendo, qualche lavoro di equipe tra mondo olistico e non si sta iniziando a creare. Nella speranza che si sviluppi sempre più una collaborazione in futuro, sta anche a noi operatori far si che si capisca sempre di più il nostro lavoro con punti di forza e limiti.
In modo che la persona in difficoltà capisca a chi chiedere aiuto senza perdere ulteriore tempo per ritrovare il proprio benessere fisico e mentale.
Un abbraccio!
Elena