Sonia viene da me con una richiesta piuttosto insolita, o meglio non cosi frequente… mi chiede di aiutarla ad affrontare l’amaxofobia, la paura di guidare.
Nel suo caso la paura riguarda il guidare per strade mai fatte e soprattutto per autostrade, tangenziali, percorsi che prevedono un andare veloce, con uno sfrecciare tutto intorno di altre macchine, tir, autobus e tutti i mezzi pesanti che vi vengono in mente.
Sonia ha 40 anni e in autostrada a guidata costretta una volta… poi se non trova un autista, il treno diventa il mezzo di locomozione ideale.
Sonia aveva già fatto un lungo percorso di consapevolezza della sua paura. Spesso l’amaxofobia è carica di significati simbolici. Nel suo caso vi era di base un forte insicurezza che mette radici nell’infanzia, quando non si sentiva apprezzata, supportata dalla famiglia, che, anzi, le passava il messaggio che lei non era in grado di compiere grandi cose. Alla morte del padre, poi, la madre – probabilmente in modo inconsapevole e senza cattiveria – ha cercato in ogni modo di tutelarla “dai pericoli” della guida, spingendola più volte a non guidare da neo patentata troppo lontana da casa o in caso di nebbia, neve, forte pioggia… Il padre era morto in un incidente stradale qualche mese prima che Sonia prendesse la patente…
Sonia mi racconta, che comunque da sempre, ancor prima della morte del padre in lei c’era questa ambivalenza: da una parte la voglia di scappare, di emanciparsi da una famiglia che le stava stretta, dall’altra la paura di lasciare la madre sola e la paura di non farcela ad affermarsi nella vita.
E nel guidare lontano ritrova simbolicamente tutto questo: tant’è che non ha alcuna paura a guidare giorno e notte, con qualsiasi tempo per percorsi conosciuti e non cosi distanti.
Un ulteriore paura è data poi dai troppi automezzi intorno, e questo lo abbina a un discorso visivo: porta gli occhiali da sempre e si sente sempre poco in grado di valutare distanze o gestire una visione periferica. Anche qui un senso di insicurezza che parte da una poca autostima e dal dare troppo peso ad un suo “difetto”.
Abbiamo deciso di lavorare con la riflessologia plantare, puntando sul risvolto emozionale che questa disciplina olistica può riequilibrare stimolando punti precisi sui piedi. Abbiamo scelto il supporto dei Fiori di Bach, scegliendo Larch per l’autostima, Red Chestnut per l’eccessiva preoccupazione verso la madre, Mimulus per avere del coraggio di supporto e Star of Bethleem per superare eventuali correlazioni tra la sua paura e la morte del padre. Ho poi suggerito a Sonia di esercitarsi con alcuni esercizi di respirazione per cercare di calmare l’insorgere dell’ansia nei momenti topici e di crearsi una play list speciale che l’accompagni nei viaggi più difficili.
Non siamo ancora arrivate alla fine del percorso ma qualcosa si sta finalmente sbloccando!
Un abbraccio!
Elena