Oggi vi volevo raccontare la storia di Vera, una ragazza di 30 anni che è arrivata da me per un dolore, un senso di pesatore alle ginocchia.
Riflessione che nasce da parole a caso dell’ultimo periodo in studio ed in aula: sappiamo davvero essere presenti con noi stessi?
Vi spiego… Antonella, mia cliente, qualche settimana fa si lamentava che anche l’ennesimo dietologo non riusciva a farle perdere peso. Mi raccontava di seguire la dieta scrupolosamente eppure di non vedere risultati. Le ho suggerito di fare un diario dettagliato di tutto quello che mangiava veramente… e salta fuori con suo enorme stupore che sì ai pasti seguiva la dieta, ma poi… tra una colazione ed un pranzo ed un pranzo ed una cena era impressionante ciò che inghiottiva per lo stress, per il nervoso, per l’abitudine, senza immaginarlo neppure lei. Una mancanza di consapevolezza incredibile, un essere distaccata dal qui ed ora estremo.
E poi Vittorio…mio corsista, che mi dice che non aveva tempo per studiare, troppo preso da casa, lavoro, famiglia, volontariato… Alla mia provocazione che basta organizzarsi, mi guarda abbastanza con odio… Che poi – non odiarmi Vittorio – non è che lo conosco da poco ed in termini oggettivi non mi pare la sua vita cosi trafficata! Dico anche a lui di fare un diario… ma scandito in orari, in spazi tempo dove si dedica ad una cosa oppure all’altra. L’ozio ci sta, sia chiaro; il far niente è spesso preludio di nuove idee e nuovi progetti, ma il tempo che Vittorio perde sui social è davvero imponente. Morale? Anche lui sorpreso della cosa, decide di darci un taglio e di rubare tempo a Facebook per studiare! Che l’esame si avvicina…
Due esempi, i più eclatanti, però davvero negli ultimi tempi mi rendo conto che non siamo mica tanto con i piedi per terra, che mica ce la godiamo poi tanto questa vita se non sappiamo neanche quel che mangiamo.
Poco fa una cliente mi dice che è una vita che non ci vediamo: ultima fattura a suo nome 6 settembre. Anche a me pare davvero una vita, e le dico che si combiniamo subito per un trattamento, ma poi mi fermo a pensare che questa eternità sono, alla fine, quindici giorni del solito tran tran, dove non è capitato nulla di che, ma che sembrano davvero essere stati eterni.
La sostanza di tutte queste parole? È che ci perdiamo spesso e volentieri. Che siamo convinti di ciò che non siamo, che non facciamo. Che nella nostra testa ci vediamo incasinati, indaffarati, ma poi lo siamo davvero? Ci godiamo davvero ogni giorno che viviamo? Oppure, tristemente, lo sprechiamo? Quante corse facciamo dietro ad un sogno, un obbiettivo, quante corse vuote, senza risultato perché non siamo nel qui ed ora?
Quante storie ci raccontiamo su di noi, su quanto siamo bravi, su quanto ci impegniamo nel lavoro, per la famiglia e poi, invece, perdiamo solo tempo a fare niente? È un’idea solo mia? Ci sono giorni che sembrano mesi, ma in soldoni quanto raccogliamo di esperienza, di “vita” di quei giorni?
Forse il senso dell’essere nel qui ed ora, sta nel valorizzare l’attimo. Che non vuol dire fare sempre qualcosa di extra-ordinario, ma fermarsi a notare se c’è il sole, se fa caldo o freddo, su cosa abbiamo nel piatto… se siamo felici oppure no…
Vi abbraccio!
Elena